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Jazmina Jessenia Castro Delgado Vergine

Testimoni

Chone, Ecuador, 9 febbraio 1994 - Playa Prieta, Ecuador, 16 aprile 2016

Il 16 aprile 2016 c’è stato un forte terremoto nella regione del Manabí (Ecuador), dove le Serve del Focolare della Madre avevano una comunità. La casa è crollata completamente, portando alla morte tra le macerie di una suora professa, Sr. Clare Crockett, e cinque ragazze che si trovavano nelle prime tappe della loro formazione come Serve: Jazmina, Mayra, Maria Augusta, Valeria e Catalina. Jazmina aveva un grande coraggio nel dare testimonianza della sua fede e nel difenderla in qualunque situazione. Non si tirava mai indietro quando si trattava di difendere il Signore, persino di fronte ai professori e ai compagni di classe. Era una ragazza molto gioiosa ed espressiva.



Di Jazmina dicono le suore che potrebbe essere nominata protettrice dei ragazzi e delle ragazze che hanno paura di avere vocazione: in effetti, Jazmina moriva dalla paura al solo pensiero di essere chiamata da Dio alla vita consacrata. Sr. Ruth Ibañez ricorda di lei: “Era di quelle persone che, quando iniziano a fare orazione, subito vedono con chiarezza ciò che il Signore vuole da loro. Ed ella vide subito che il Signore voleva che fosse Serva, ma aveva paura e si vedeva senza forze”. Grazie a Dio, la paura non la allontanò dal Signore né dalle attività del Focolare della Madre, anche se passava per momenti difficili. E se non giungerà mai ad essere nominata ufficialmente “protettrice dei paurosi”, il suo esempio può aiutare molti giovani a vincere i loro timori e a donarsi al Signore.
Jazmina Jessenia Castro Delgado nacque il 9 febbraio 1994 a Chone, nella provincia del Manabí (Ecuador). I suoi genitori si chiamano Ángel Sigifredo e Lilia. Era la più piccola di sei fratelli: Edison, Arnaldo, René, Magdalena, Angélica e lei. Studiò prima nella Scuola Amazonas e poi nell’UNE. Sua madre dice di lei: “Si diplomò con buoni voti, era una buona studentessa, anche se di carattere vivace. Si metteva sempre dalla parte del più debole, per questo la chiamavano l’avvocata”. Le sue amiche la ricordano come una ragazza allegra, molto sincera. Quello che doveva dire lo diceva. Non era con l’intenzione di fare male, ma un’esigenza di coerenza del suo carattere. Sr. Ruth continua la sua testimonianza dicendo: “La ricordo sempre sorridente e molto spontanea: travolgente”. E Carolina Aviega completa la descrizione dicendo: “Il suo sguardo rifletteva tutto: se era triste, felice, stanca... Bastava solo guardarla negli occhi e subito scoprivi ciò che aveva dentro”.
Iniziò a frequentare le attività del Focolare nel Natale del 2009. Arrivò alle prime riunioni del gruppo delle ragazze con la sua migliore amica Mayra. Era una ragazzina vanitosa, attenta al suo aspetto fisico e attaccata a tante cose. La sua amica, Gema Vergara, ricorda: “Quando iniziò ad assistere alle riunioni del gruppo del Focolare della Madre, la sua vita si trasformò molto. Nei primi momenti, mentre conosceva il Signore e nostra Madre la Vergine, si notava che le faceva paura l’idea che le potessero chiedere piccole cose, ma ella un po’ alla volta lo dava con generosità. Ricordo che era molto attaccata al suo cellulare e, per una settimana, lo lasciò alla Vergine nella casa delle suore per offrirlo come sacrificio”. Quei piccoli gesti sono molto più importanti di quello che sembra a prima vista, perché rafforzano la volontà e la dispongono a donazioni sempre più grandi. Sr. Kelly Maria Pezo aggiunge al riguardo: “Aveva veramente un attaccamento molto forte al cellulare, che faceva molto danno alla sua anima. Ella lo sapeva. In molte occasioni sperimentava che la Vergine le chiedeva il cellulare e a volte lo lasciava per una settimana. Altre volte non lo dava a nostra Madre e le faceva molto male. Solo dopo aver accettato la sua vocazione, poco prima di entrare come candidata, poté di cuore distaccarsi dal cellulare”.
In questi primi anni, pensare che Dio le potesse chiedere tutto le dava una terribile sensazione di vertigine. Estrella scrive: “Quando Jazmina era molto inquieta per il fatto che non rispondeva alla sua vocazione, si prese un fidanzato per fuggire dal Signore”. Estrella ricevette una lettera di Jazmina nella quale traspare l’inquietudine interiore di quest’ultima: “Non ti preoccupare per me che sto molto bene. Ebbene sì, esco con un ragazzo ed è buono. Per la verità sono molto felice. Non pregare per me, te lo ho già detto una volta, non è necessario. Prega per le altre anime, per la tua famiglia, per i tuoi amici, per le Serve... Ma per me, nooooo!!!”
Jazmina y Mayra con unas amigasNel 2013 iniziò i suoi studi di Ingegneria dei Sistemi presso l’Università ULEAM di Chone. Nel primo semestre fece delle amicizie molto cattive che le fecero molto male. Siccome non era capace di separarsi da loro, il Signore stesso intervenne prima che si perdesse del tutto: nel secondo semestre, per questione di orari, non coincise più con quei cattivi amici. Quando si separò da loro, si rese conto del danno che le avevano fatto.
Continuò a partecipare alle attività del Focolare della Madre, anche se spesso le costavano. Così lo confessa alla sua buona amica Ani Moro, consacrata nelle ACIM: “Spero che stia pregando molto per noi, ancor più adesso che arrivano i campi estivi che a me costano un sacco”.
Una data chiave sono gli Esercizi Spirituali che P. Rafael Alonso – fondatore del Focolare della Madre – diede ad un gruppo di ragazze in Ecuador nel 2013. Per Jazmina fu un aiuto grandissimo. Sr. Reme Rodríguez, che accompagnava il Padre in quel viaggio, ricorda: “Io stavo aiutando in cucina e Jazmina mi chiese se potevamo parlare. Mi raccontò un po’ delle sue paure e delle sue lotte. La incoraggiai a non avere paura”. Poco dopo essere tornata in Spagna, Sr. Reme ricevette una mail di Jazmina: “Ciao! Spero che stia molto bene. Spero che si ricordi anche chi sono! Sono la ragazza che il Padre disse che aveva più paura che vergogna!!! Beh, non ho più molta paura... Questo è ciò che credo”. E Jazmina conclude la sua lettera chiedendo: “Sr. Reme, preghi molto per me, affinché smetta di essere vanitosa e possa distaccarmi da molte cose che a volte mi allontanano da DIO. Io voglio essere buona, ma mi risulta difficile. Ma, insomma, almeno lo voglio”.
Poco dopo scrisse per la Rivista HM: “Essere del Focolare è la cosa migliore che mi sia successa nella vita. Il Focolare mi ha aiutato a conoscere Dio e ad amarLo nell’Eucaristia. Mi ha aiutato a sentire la Vergine e a sperimentarLa come Madre di Dio e Madre nostra. Questa è e sarà la gioia più grande della mia vita: sapere che la Madre di Dio è mia Madre”. Ciò che non mancò mai in Jazmina – malgrado le sue paure personali – fu un grande coraggio nel dare testimonianza della sua fede e nel difenderla in qualunque situazione. Non si tirava mai indietro quando si trattava di difendere il Signore, persino di fronte ai professori e ai compagni di classe. Gema Vergara lo conferma: “Quando doveva dire qualcosa a qualcuno riguardo a Dio, alla nostra fede, o a qualunque altro tema, lo diceva con una sicurezza che solo Dio le poteva dare. Difendeva a spada tratta l’Eucaristia e aveva un amore senza limiti verso la Vergine”.
Después de un campeonato de fútbol en Chone 2014Una cosa su cui concordano tutti è nel parlare dello zelo per le anime che aveva Jazmina. Ella era cosciente della sua responsabilità nei confronti delle anime, e scriveva così ad un’amica: “Quando il tuo cuore non arde d’amore, molti moriranno di freddo”. Carolina Aveiga scrive: “Da Jazmina imparai molte cose. Posso dire che da lei imparai l’importanza di difendere i miei princìpi, imparai l’importanza dell’apostolato, imparai che non basta solo invitare le ragazze al gruppo, ma che bisogna insistere e donarmi completamente nelle riunioni che teniamo. Stava sempre attenta a tutte e aveva un dono specialissimo per conoscere la gente. Ella sapeva quando a una ragazza succedeva qualcosa e sempre cercava di incoraggiarla”. Denisse Muñoz lo conferma con la sua esperienza: “Conobbi Jazmina quando conobbi il Focolare, tre anni fa. Ella fu la prima persona che si rivolse a me nell’arrivare alla riunione. Si comportò con me come se mi conoscesse da tutta la vita. Con ogni ragazza che arrivava al Focolare era sempre così attenta e ci faceva sentire molto parte del gruppo”. Sr. Kelly Maria Pezo concorda nell’affermare: “È vero che sentiva una responsabilità speciale verso le ragazze. Si preoccupava moltissimo di loro e faceva tutto il possibile per accoglierle il meglio possibile. Persino quando ella stava male (spiritualmente) si sforzava per fare loro buon viso. Diceva che le ragazze non dovevano sapere che lei stava male. Le faceva paura pensare che potesse fare del male alle ragazze se agiva diversamente. Creava un buon ambiente pur essendo lei inquieta e anche se non ne aveva per nulla voglia. In questo era veramente ammirevole. È divertente, ma persino durante le sue lotte contro la vocazione (aveva preso la decisione di non rispondere mai), quando vedeva una ragazza che stava lottando le parlava con molta forza”.
Febbraio 2014 è una data chiave nella vita di Jazmina: fu la sua prima spedizione missionaria nel Puyo. Ogni tre o quattro mesi le suore organizzano una settimana di missione nella Foresta Amazzonica, nel Puyo, nell’Ecuador orientale. L’obiettivo è evangelizzare gli indios Shuar, che stanno ricevendo adesso il primo annuncio del Regno di Dio. Jazmina voleva partecipare a questa spedizione, ma fu avvisata che, se fosse andata, era per aiutare e per fare tutto quanto le fosse stato detto senza lamentarsi. Accettò le condizioni.
Bisogna far notare che Jazmina aborriva la sporcizia. Era una ragazza molto schifiltosa, incapace di bere da un bicchiere dal quale avesse bevuto un’altra persona, neanche da uno usato da sua madre. Non le era stato nascosto che nella missione avrebbe dovuto sforzarsi molto in questo. Non è solo perché nella foresta si vive in una povertà completa e non ci sono bagni, né docce, né nulla di nulla. C’è più di questo. Quando uno arriva in un villaggio Shuar, la prima cosa che viene offerta a chi è appena arrivato è un bicchiere di “chicha”. La “chicha” è una bevanda fatta di yucca. La yucca prima viene cotta per rammollirla. Poi le anziane della comunità masticano la yucca e la sputano in un paiolo e la mescolano con le loro mani. L’operazione viene ripetuta più volte fino ad ottenere la consistenza adeguata. La si lascia fermentare fino al giorno successivo e allora la si può bere. Fa parte dell’alimentazione di base degli Shuar, che la offrono a chi li visita come dimostrazione di accoglienza e ospitalità. Rifiutarla significa rifiutare la loro amicizia. Per questo il missionario deve vincere la ripugnanza istintiva e berla con un gesto cortese. È il primo passo affinché il Vangelo possa essere annunciato in un villaggio Shuar.
Le suore e i giovani, accompagnati da un sacerdote e da qualche medico, fecero un lungo cammino, attraversando la foresta con il fango fino alle ginocchia, per raggiungere il villaggio Shuar nel quale volevano arrivare. All’arrivo furono accolti dagli indigeni, che li invitarono a sedersi e a riposare. Subito arrivarono le donne portando la “chicha”. Sr. Kelly Maria ci racconta ciò che avvenne dopo: “Una donna del villaggio mi diede un bicchiere pieno di “chicha”. Lo assaggiai, ma non ce l’avrei fatta a bere il bicchiere intero, allora lo diedi alla bambina Shuar che avevo sulle mie ginocchia. Poco dopo mi rimordeva la coscienza e presi di nuovo il bicchiere per berne ancora un po’. Ce l’avevo nella mia mano, ma, vedendo che non bevevo, Jazmina me lo prese e se lo bevve tutto. Io la guardai con occhi pieni di stupore, ma ella fece come se non fosse successo nulla”. Con il volto sereno, senza fare alcuna smorfia. Alla fine dell’atto di accoglienza non fece neanche un’osservazione sullo sforzo che, senza dubbio, avrà dovuto fare. Un’osservazione alla sua amica Ani Moro lo conferma. Jazmina scrive: “Sì, la chicha mi costa. Ma mi piace moltissimo l’amore con cui ce la danno”. “Se poteva fare qualcosa per alleggerire una suora lo faceva”, afferma nella sua testimonianza Sr. Kelly Maria. E aggiunge: “Per lei il Puyo fu una cosa molto grande. Io non so che cosa avvenne lì, ma le piaceva moltissimo. Dicevi il nome Puyo e le si illuminava il volto. Quando ricordavamo i bambini del Puyo, sempre chiedeva quando saremmo tornate. Si donava con moltissima generosità e gioia e, siccome Dio non si lascia vincere in generosità, sempre riceveva molto quando vi andava”.
Jazmina diceva sempre che, se non fosse stato per sua madre, forse non avrebbe mai risposto alla sua vocazione. A una sua amica, Gema Vergara, Jazmina raccontava: “Mia mamma è stata quella che mi ha detto: Senti, Jazmina, fino a quando pensi di non rispondere a quello che Dio ti sta chiedendo? È già ora che tu dica sì. E il tuo sì deve essere per sempre, non per alcuni giorni, ma per tutta la tua vita. Non essere sciocca, non aspettare ad essere vecchietta per dire di sì. Tu sai che io ti appoggio. Se tu sei felice, anch’io lo sarò”. Infine, dopo tante lotte, Jazmina entrò come candidata delle Serve del Focolare della Madre. Era il 20 aprile 2015, durante un pellegrinaggio a Cajas, un luogo mariano della zona montuosa della provincia di Cuenca (Ecuador). È di nuovo Gema Vergara quella che ci trasmette queste preziose confidenze che Jazmina le faceva: “Ricordo che l’anno scorso, prima di entrare come candidata, mi diceva che aveva molta paura, che le costava lasciare molte cose della sua vita, ma che allo stesso tempo era immensamente felice che il Signore avesse scelto lei, che non si meritava nulla”.
Una dura prova attendeva Jazmina poco dopo la sua entrata nella comunità. A sua madre, quella donna cristiana, coraggiosa ed esemplare, diagnosticarono un cancro di infausta prognosi. Jazmina ricevette la notizia con spirito di fede e cercò di aiutare sua madre in tutto quanto poteva. Sr. Kelly Maria ricorda che si faceva in quattro per sua madre. In queste dolorose circostanze, confidò ad Ani Moro: “Sì, a volte mi risulta difficile andare avanti. Sai già che mia mamma è ammalatissima. Ma Dio mi dà la grazia e la forza per continuare. Prega molto per me”. La sua amica Gema Vergara ricorda: “Malgrado la dura notizia della malattia di sua mamma, non la vidi mai triste, al contrario, era più felice, e sempre diceva questa frase: ‘Dio mi ha scelta e Lo ringrazio per questo perché io non sono nulla, sono una miseria. Senza di Lui io non sono altro che miseria. Egli sa perché permette queste cose’ ”.
Jazmina cambiò moltissimo dopo aver accettato la sua vocazione ed essere entrata come candidata. Carolina Aveiga fa fede di ciò quando scrive: “Ricordo un giorno in cui Mayra e Jazmina vennero a casa mia. Nell’entrare nella mia stanza, ella guardò tutto e disse: “Vanità delle vanità, tutto è vanità”. Sapendo quanto vanitosa era sempre stata Jazmina, Carolina si sentì fortemente interpellata: “In quel momento seppi che dovevo smettere di usare molte cose che mi allontanavano da Dio”. E narra un altro aneddoto su Jazmina: “In un’altra occasione in cui iniziai ad andare in palestra, ella mi disse: Perché lo fai? Forse questo fa piacere a Dio? Per lei era chiarissimo che tutto quella che facciamo deve essere per dare Gloria a Dio, e sempre, quando io Lo persi di vista, era lei che me lo ricordava”.
Le ultime fotografie di Jazmina, durante le inondazioni che colpirono Playa Prieta alcuni giorni prima del terremoto del 16 aprile 2016 nel quale morì, ce la mostrano con l’acqua fangosa fino alla vita, lavorando con energia e con molta gioia. Nessuno avrebbe mai pensato, nel vederla così, che era stata fino a poco tempo prima una ragazza schifiltosa, presuntuosa e paurosa della volontà di Dio. Per arrivare fin lì, Jazmina aveva compiuto punto per punto il consiglio che diede ad un’anima che si sentiva incapace di rispondere alla sua vocazione. Era il 10 novembre 2015: “Pensa a tutto ciò che finora ti ha dato Dio. E tu... Gli hai già dato qualcosa in cambio? È bene dare un po’ alla volta al Signore tutto ciò che ci chiede in ogni momento. È anche necessario che ci distacchiamo da cose che sappiamo che ci fanno del male. So già che essere obbediente è difficile e ci costa, ma fidati molto della suora (della tua guida spirituale). Lasciati aiutare, apri il tuo cuore, sii trasparente con lei e lasciati condurre lungo la miglior strada, quella strada che Dio ti ha già mostrato... Non lasciare neanche per un giorno l’orazione, perché è lì che il Signore si riversa in te. Non lasciare la Messa. Un giorno senza Eucaristia è un giorno perso... Mi piacerebbe molto che ti decidessi una volta per tutte a dire di sì, senza condizioni e per sempre. Ma devi rafforzarti molto. Il Signore ti vuole dare la Sua grazia. Tu devi riceverla e ringraziare il Signore. Non guardare a te stessa, dimenticati di te. Guarda a Lui, solo a Lui. Non è mai tardi per tornare ad innamorarsi di colui che sappiamo che ci ama”. Jazmina junto a la Virgen con una amiga
Sr. Kelly Maria conclude la sua testimonianza dicendo: “Jazmina aveva un amore molto speciale verso il Cuore di Gesù. Inoltre sapeva di essere una prediletta della Vergine. Persino durante le sue lotte diceva: Io so che la Vergine mi vuole molto bene. Parlare della Vergine era la sua debolezza. Si emozionava solo al nominarla. Vedendo adesso la sua vita mi sembra che, per la Vergine, anche Jazmina era la Sua debolezza... Non la abbandonò mai”. Della certezza interiore che Jazmina aveva dell’amore di nostra Madre verso di lei, ne parla anche alla sua amica, in quella lettera del 10 novembre 2015: “Io so che a volte crediamo che ormai non possiamo fare di più, che ormai non abbiamo forze, e mille cose che il demonio mette nella nostra vita affinché non andiamo avanti. Questo l’ho vissuto anch’io. Ricordi i miei giorni pazzi? (...) Mi vergogno solo di ricordarlo. Ella si prende cura di me. Chiedile ogni giorno nell’orazione che ti porti tra le braccia di Gesù per sempre”.
Concludo questa narrazione con un pezzo di una delle ultime mail di Jazmina ad Ani Moro. Il testo ce la mostra così com’era lei: innamorata della sua vocazione, cosciente della sua fragilità, fiduciosa nell’amore di nostra Madre, la Vergine. Con la sua sincerità abituale, Jazmina dice: “Ah, Ani! È così bello rispondere al Signore... Ma è anche un po’ difficile morire un po’ alla volta alla vita di prima. A volte credo che non posso, ma guardo alla Vergine e Le dico: Certo che io non posso! Ma Tu mi aiuti e fai che mi possa donare all’amore”.

Testimonianza scritta da lei nel 2013
Mi chiamo Jazmina Jessenia Castro Delgado. Ho 19 anni. Sto preparandomi per superare l’esame di ammissione all’università. Abito a Chone, Manabí (Ecuador).
peregrinacionConobbi il Focolare tre anni fa, quando una ragazza, che adesso è una candidata, mi invitò. Per lei non fu per nulla facile convincermi affinché partecipassi alla riunione, ma alla fine ci riuscì. Essere del Focolare è la cosa migliore che mi è successa nella vita.
Entrai in questo gruppo perché mi piacque moltissimo, soprattutto mi piacquero le missioni e la spiritualità. Nella mia miseria, Dio mi guardò, e assieme alla Vergine Maria mi scelse per far parte di questo Regalo, e così arrivare fin dove Dio vuole.
Il Focolare mi ha aiutato a conoscere Dio e ad amarLo nell’Eucaristia. Mi ha aiutato a sentire la Vergine e a sperimentarLa come Madre di Dio e Madre nostra. Questo è e sarà la gioia più grande della mia vita: sapere che “la Madre di Dio è mia Madre”.
Incoraggio tutti voi ad amare e a seguire Gesù, perché Egli è la luce, la verità e l’amore.
Giovani, non indurite il vostro cuore alla chiamata del Signore. Fate conoscere questo grande Miracolo d’Amore che ci viene presentato nell’Eucaristia, per attrarre così molti altri giovani, a maggior gloria del Signore. Non dimenticatevi mai della nostra buona Madre. Uniti tutti nel Suo Cuore... Coraggio! Madre, nulla senza di Te!


Fonte:
https://it.hermanaclare.com/it/

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Aggiunto/modificato il 2023-10-28

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