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San Palemone Anacoreta in Tebaide

25 gennaio

† 348

Anacoreta egiziano, fu il maestro di Pacomio, fondatore del cenobitismo. Palamone conduceva una vita di ascesi rigorosa, basata sulla preghiera, la meditazione, il lavoro manuale e il digiuno. Accettò come discepolo Pacomio, che rimase con lui per quattro anni. Insieme fondarono un monastero a Tabennesi, dove Palamone continuò a vivere fino alla sua morte, avvenuta nel 348.

Martirologio Romano: A Tabennési nella Tebaide in Egitto, san Palamóne, anacoreta, dedito alla preghiera e a continue penitenze, e maestro di san Pacomio.


Se il nome di Palamone (Palemone) non è caduto nell’oblio, si deve alla celebrità raggiunta dal suo discepolo Pacomio il Grande. La Vita di questi narra, infatti, che Pacomio, spinto dal desiderio di condurre vita monastica, si recò a bussare alla porta di Palamone per mettersi alla sua scuola. Come capita in casi simili, egli fu accolto freddamente, ma si trattava della prima prova alla quale il maestro sottoponeva il suo eventuale discepolo.
Palamone descrive a Pacomio la severità della sua ascesi: per nutrimento si contenta di un po’ di pane e sale; trascorre la metà della notte in preghiera e meditazione, talvolta prolunga la sua veglia per l’intera nottata.
Nulla di tutto ciò, però, respinge Pacomio, animato da grande zelo e fiducioso nell’aiuto del Signore; per cui Palamone gli dà l’abito monastico e uniti si dedicano all’ascesi, alla preghiera e al lavoro manuale. Il monaco come gli altri cristiani deve mettere a profitto il consiglio dell’apostolo Paolo e pensare non solo alla propria sussistenza ma anche a quella dei diseredati.
Durante le veglie notturne, Palamone, quando si accorgeva che il sonno Io assaliva, usciva con il suo discepolo ed entrambi si mettevano a trasportare sabbia da un luogo all’altro, resistendo così a ciò che essi consideravano una tentazione; quindi potevano continuare le loro preghiere senza pericolo di assopirsi.
Palamone rifiutava ogni deviazione dal suo regime frugale e un giorno di Pasqua non volle toccare una pietanza preparata da Pacomio per segnare il giorno festivo, costituita da qualche erba con un poco d’olio.
Dopo che Pacomio ebbe la rivelazione della fondazione monastica che doveva stabilire a Tabennesi, pregò il maestro di accompagnarlo e questi accettò. Dopo qualche tempo, Palamone propose al discepolo di stringere fra loro un patto per il quale non si sarebbero più separati fino alla morte d’uno dei due. E così fecero.
Ma le forze di Palamone cominciavano a declinare ed il suo corpo si indeboliva in tutte le membra. Egli, in realtà, aveva preso l’abitudine di astenersi dal bere se mangiava e di non mangiare se beveva. Dopo aver ceduto per qualche tempo alle istanze dei suoi discepoli che l’obbligavano a nutrirsi un poco più sostanziosamente, il vegliardo tornò ben presto alle sue abitudini. Egli giustificava la sua ascesi dicendo che i martiri avevano dovuto subire fino alla fine i tormenti sopportati per la fede di Cristo e che quindi lui poteva ben sopportare le piccole miserie che gli erano mandate.
Pacomio non abbandonava mai il suo maestro e quando Palamone, giunto alla fine dei suoi giorni, rese l’ultimo respiro, fu lui a dargli sepoltura.
La tradizione scritta non ha tramandato alcun insegnamento di Palamone e le collezioni degli Apophthegmata Patrum non hanno conservato alcun suo detto. Nella Vita di Pacomio, si ritrova ancora una volta il nome di Palamone quando il suo discepolo, diventato a sua volta capo d’altri monaci, fa riferimento all’insegnamento dell'antico maestro a proposito dei diversi modi di organizzare la preghiera notturna alternandola con il riposo.

Il Sinassario Alessandrino di Michele, vescovo di Atrib e Malig, commemora Palamone al 30 tùbah (= 25 gennaio) giorno considerato come quello della sua morte. Ancora oggi, in tale data, i copti celebrano un mùlid (nascita, il dies natalis dei latini) solenne nel monastero che porta il suo nome: Dayr anbà Bàlàmùn. Noto anche come monastero di san Mercurio (Dayr abù s-sayfavn), esso si trova sulla strada che va da ’Asiyut a Luksor ai margini del villaggio di Qars as-Sayàd. Sebbene nella tradizione locale questo monastero sia dedicato al maestro di Pacomio, la notizia del Sinassario al 30 tùbah non fa alcuna menzione del celebre discepolo.
In essa si dice che Palamone era un monaco della «montagna orientale», precisazione piuttosto vaga che non permette di situare il luogo del suo ritiro. Il racconto è quasi tutto dedicato alla confessione che Palamone fa ad un altro eremita di nome Talasone (Tàlàsùn) o Latsùn, narrando le macchinazioni ordite dal demonio per farlo peccare contro la purezza. I dettagli fomiti circa l’ascesi del vegliardo non si allontanano dalle generalizzazioni abituali, ma divengono più particolareggiate quando riferiscono che Palamone aveva il dono di ammansire gli animali, che rompeva il suo perpetuo digiuno solo il sabato e la domenica mangiando la metà di un pane che regolarmente gli portava un corvo. Egli era inoltre dotato di una folta capigliatura che lo ammantava completamente, compensando l’assenza di vestiti. Si tratta come si vede di caratteristiche che non sono peculiari di Palamone e fanno immediatamente pensare ad altri asceti quali sant'Onofrio. Non è del resto impossibile che la vita di questo santo abbia influenzato la tradizione relativa a Palamone, tanto più che certi mss. del Sinassario Alessandrino commemorano. Nell’ambito della Vita di Latsùn, quest’ultimo il 16 ba’ùnah (10 giugno), giorno in cui è tradizionalmente venerato Onofrio (abù Nafer). Nella notizia dedicata a Pacomio il 14 basans (= 9 maggio), tuttavia, si dice che egli fu discepolo di Palamone (Bàlàmùn).
Prima di concludere con la tradizione egiziana, ricordiamo ancora che in una delle sale della tomba di Ramsete IV a Tebe, in seguito trasformata in luogo di culto cristiano, si trova il nome di Palamone dopo quello di Pacomio in un elenco sette celebri anacoreti egiziani.
La traduzione geez del Sinassario Alessan drino ha conservato la notizia di Palamone al 17 sane che corrisponde al 17 ba’ùnah (11 giugno).
In qualche meneo bizantino si trova la menzione di Palamone al 12 agosto con un semplice distico che non fornisce assolutamente alcuna informazione circa la sua identità, e non permette di sanare la divergenza di opinioni tra coloro che protendono per il maestro di Pacomio e coloro che non vedono alcuna ragione che motivi tale interpretazione.
In Occidente la memoria di Palamone è rimasta assente dai martirologi storici fino a C. Baronio che lo inserì nel Martirologio Romano alla data arbitraria dell’11 gennaio con il breve elogio: «In Thebaide sancti Palaemonis abbatis, magistri sancti Pachomii».


Autore:
Joseph-Marie Sauget


Fonte:
Bibliotheca Sanctorum

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Aggiunto/modificato il 2018-10-23

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