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Sant' Acardo Abate

29 aprile

† 1172

Abate e vescovo normanno del XII secolo, figura di spicco nella teologia e nella mistica del suo tempo, discendeva da una nobile famiglia normanna stabilitasi in Inghilterra al seguito di Guglielmo il Conquistatore. Dopo la sua formazione presso i canonici regolari di Bridlington e l'approfondimento degli studi a Parigi, Acardo abbracciò la vita religiosa nell'abbazia di San Vittore, dove l'influenza di Ugo di San Vittore lo spinse verso la santità e la conoscenza. Eletto abate nel 1155, Acardo si distinse per la sua dottrina e il suo zelo pastorale, diventando vescovo di Avranches nel 1161. La sua fama di "dottore famoso" si diffuse in tutta Europa, grazie al suo ingegno sottile, all'analisi lucida dei misteri dell'essere umano e al suo stile vivace e mistico. Tra le sue opere, il "De discretione animae, spiritus et mentis" e il "De abnegatione sui ipsius" sono considerati di grande valore per la loro profondità teologica e il loro valore mistico. Acardo, campione della dottrina tradizionale, difese con ardore il realismo dell'unione delle due nature in Cristo contro le nuove tendenze nominaliste.

Martirologio Romano: Nell’abbazia di La Lucerne-d’Outremer nella Normandia, in Francia, sant’Acardo, vescovo di Avranches, che, un tempo abate di San Vittore a Parigi, scrisse molti trattati di vita spirituale al fine di condurre l’anima cristiana alle vette della perfezione e alla sua morte fu sepolto in questa abbazia premostratense da lui spesso frequentata.


Abate di S Vittore, poi vescovo d'Avranches. Discendente da nobile famiglia normanna, stabilitasi in Inghilterra al seguito di Guglielmo il Conquistatore nella spedizione del 1066, n. nella prima metà del sec. XII, secondo alcuni nell’isola inglese, secondo altri in Normandia presso Domfront (Orne). M. il 29 marzo 1171.
Ricevuta la prima educazione tra i canonici regolari di Bridlington (diocesi di York), passò, per perfezionarsi negli studi, a Parigi. Quivi abbracciò la vita religiosa nella novella abbazia di S. Vittore, dove l’esempio del celebre Ugo gli fu di sprone nello studio e nella virtù. Morto l’abate Gilduino (1155), gli successe quale secondo abate di S. Vittore. Nel 1157 fu eletto vescovo di Séez, ma Enrico II d’Inghilterra si oppose alla sua consacrazione perché, a quanto riferisce s. Tommaso di Canterbury, il papa Adriano IV ne aveva favorito la scelta. Nel 1161, fu nominato vescovo di Avranches. Pio e benefico, per la sua amicizia col monarca inglese ottenne molti favori per la sua diocesi e per l’intera regione di Normandia. Fu sepolto nella chiesa dell’abbazia premostratense di La Lucerne, di cui era stato il principale benefattore e di cui aveva benedetto (1164) la prima pietra.
Nelle fonti ha il titolo di maestro (magister Achardus) e il suo epitaffio lo dice famosus doctor Achardus (PL 196, 1779). Ma i suoi scritti, non ancora del tutto individuati, sono rimasti inediti.
L'abbazia di Maredsous si è assunta l'impresa dell'editio princeps, e fin dal 1899 ha raccolto i materiali necessari. In base a questi il Morin rileva il « suo genio sottile e insieme lucido, la sua ardita analisi dei misteri dell'essere umano, unita al misticismo vittorino, in un stile vivace, talora eloquente, molto più efficace dello stile scolastico dell'età posterine », e gli riconosce la paternità del trattato De discretione animae, spiritus et mentis, già falsamente attribuito ad Adamo di S. Vittore. Nel 1935 lo ha pubblicato, secondo il cod Paris. Mazar, 1002 (942), del sec. XIII, proveniente da S. Vittore. Importante è il suo trattato o sermone De abnegatione sui ipsius, detto anche, meno esattamente, De tentatione Domini in deserto, perché ha per assunto Matt. 4, I. Fine dell’autore è di condurre l'anima alla perfezione attraverso i sette gradi dell'abnegazione evangelica, che la fanno entrare come in sette deserti. Spogliandosi così di se stessa e di tutte le cose, l'anima si unisce intimamente a Dio. L'opuscolo si dirige a tutti, ma specialmente ai religiosi.
Nel Migne si hanno di A. solo due brevi Epistolae. Alcune sue opere sono perdute, come il De Trinitate, di cui qualche tratto è riportato nell’Eulogium ad Alexandrum III di Giovanni di Cornovaglia, e le Quaestiones de peccato, citate nelle Allegoriae in Novum Testamentum attribuite ad Ugo di S. Vittore (ma posteriori).
Profondo teologo, campione della dottrina tradizionale, propugna il realisrno dell'unione delle due nature in Cristo contro i nominalisti di tutte le tinte.
Erroneamente dal Vossio gli è stata attribuita la Vita B Gezzelini o Schetzelonis edita (Douai 1626) dal Raisse probabilmente è opera del suo omonimo e contemporaneo Acardo di Clairvaux.
 


Fonte:
Bibliotheca Sanctorum

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Aggiunto/modificato il 2010-09-12

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