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Beato Dario Acosta Zurita Sacerdote e martire

25 luglio

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Naolinco, Messico, 14 dicembre 1908 – Veracruz, Messico, 25 luglio 1931

Nasce a Naolinco, diocesi di Veracruz (Messico), il 14 dicembre 1908. Orfano di padre e con quattro fratelli, Dario si rimbocca le maniche e aiuta la madre. Il sacerdozio si affaccia presto nei suoi pensieri, tuttavia monsignor Rafael Guizar y Valencia (ora anch'egli beato), venuto a Naolinco a cercare vocazioni per il suo seminario, non include Dario tra i prescelti, non volendolo togliere alla famiglia. È la madre, però, a insistere perché Dario venga accettato. Il 25 aprile 1931 viene ordinato prete a Città del Messico e un mese dopo celebra la sua prima Messa a Veracruz. Proprio qui, nella parrocchia dell'Assunzione, inizia ad esercitare il suo ministero, proprio nei giorni in cui entra in vigore la famigerata «legge Tejeda», che prevede la drastica riduzione del numero dei sacerdoti. Ad ognuno viene notificato l'ordine di allontanamento, con minaccia di morte. Nella parrocchia dell'Assunzione tutti i sacerdoti decidono però di restare al loro posto. Don Dario, il più giovane, verrà ucciso in chiesa nel pomeriggio di sabato 25 luglio: davanti a numerosi bambini diversi militari fanno irruzione sparando contro i preti. Don Dario è beato dal 2005. (Avvenire)


Se la santità di una persona si misurasse sulla base degli anni di vita o, per un sacerdote, in rapporto agli anni di ordinazione, don Dario Acosta Zurita avrebbe avuto davvero poche possibilità di aspirare alla gloria degli altari: la sua vita, infatti è lunga neppure 23 anni e il suo sacerdozio dura esattamente tre mesi. Eppure lascia dietro di sé un intenso profumo di martirio e una scia di fede gioiosamente e intensamente vissuta, al punto che a più di 70 anni dalla morte lo si è voluto additare alla venerazione del popolo cristiano, che lo ha sempre ritenuto e venerato come martire.
Nasce a Naolinco, diocesi di Veracruz (Messico), il 14 dicembre 1908, in una famiglia onesta, lavoratrice e dalla fede genuina, che però va in rovina a causa della rivoluzione. E’ tanto il dispiacere provato da papà per questo improvviso rovescio di fortuna, che muore di crepacuore, lasciando alla giovane moglie il peso di cinque figli da mantenere. Dario si rimbocca le maniche e, sebbene bambino, aiuta la mamma dando il meglio di sé. Dolce, riflessivo, coscienzioso, reso più maturo della sua età per le difficoltà e i dolori che la famiglia ha attraversato, pensa al sacerdozio come alla sua scelta di vita e vi sembra naturalmente inclinato, anche per via della sua profonda devozione e dell’amore per la chiesa che tutti ammirano in lui. Peccato che non sia dello stesso avviso anche Mons. Rafael Guizar y Valencia (ora anch’egli beato), venuto a Naolinco a cercare vocazioni per il suo seminario, che inspiegabilmente non include Dario tra i prescelti.
Il buon vescovo conosce la sua situazione familiare, sa che quel bambino, alto appena un soldo di cacio, è troppo utile in casa e non vuole privare di quel sostegno la povera vedova. Che però è un’autentica cristiana e considera una vocazione in casa sua come la più grande benedizione del Signore; così, dopo aver fatto del suo meglio per consolare il suo bambino della grossa delusione avuta, va a cercare il parroco e insieme vanno dal vescovo per chiedere che Dario venga ammesso in seminario. Il vescovo lo accetta e di questa decisione non dovrà pentirsi mai. Studio, vivacità e devozione profonda vanno a braccetto in questo ragazzo che sa farsi benvolere da tutti e che dimostra una vocazione che di anno in anno si fa più salda e convinta. Campione nella vita, lo è anche sul campo sportivo: gioca benissimo a calcio e per anni è l’osannato capitano di una squadra, che anche grazie a lui miete successi.
Il 25 aprile 1931 viene ordinato prete a Città del Messico e un mese dopo celebra la sua prima messa a Veracruz. Proprio qui, nella parrocchia dell’Assunzione, inizia ad esercitare il suo ministero, impegnandosi soprattutto nel catechismo e dedicando molto tempo al confessionale: sono, quelli, i giorni in cui entra in vigore la famigerata “legge Tejeda”, che prevede la drastica riduzione del numero dei sacerdoti, con il dichiarato scopo di far cessare il “fanatismo del popolo”. Ad ognuno, don Dario compreso, viene notificato l’ordine di allontanamento, con minaccia di morte per chi non lo rispetterà. Nella parrocchia dell’Assunzione tutti i sacerdoti decidono di restare al loro posto, anche a rischio della vita. E don Dario, il più giovane di tutti, non perde per questo la sua serenità e la sua allegria.
Nel pomeriggio di sabato 25 luglio, in una chiesa piena di bambini e semplici fedeli che attendono il loro turno per confessarsi, piombano all’improvviso diversi uomini in divisa militare, che sparano all’impazzata verso i sacerdoti. Tra la confusione generale e il pianto disperato dei bambini, un sacerdote viene ferito gravemente, mentre don Dario è letteralmente falciato da una scarica di pallottole nel momento in cui esce dal battistero. Ha solo il tempo, prima di spirare, di sussurrare il nome di Gesù, quel Gesù al quale aveva donato la sua prorompente e allegra giovinezza.
La Chiesa ha riconosciuto il martirio di don Dario il 22 giugno 2004, e lo ha proclamato beato a Guadalajara il 20 novembre 2005.


Autore:
Gianpiero Pettiti

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Aggiunto/modificato il 2007-07-19

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