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Santa Lucia Yi Zhenmei Catechista cinese, martire

19 febbraio

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Mainyang, Sichuan, Cina, 17 gennaio 1815 – Kaiyang, Guizhou, Cina, 19 febbraio 1862

Nata a Mainyang nel 1815, fin da bambina si consacrò a Dio e al suo amore, rifiutando le nozze combinate dai genitori. Divenne catechista e si dedicò all'apostolato, anche dopo aver dovuto abbandonare le suore missionarie a causa di una grave malattia. Fu chiamata dal vescovo a insegnare il catechismo nei villaggi del Vicariato, nonostante le difficoltà poste dalla famiglia. Durante la persecuzione della setta “Ninfa Bianca”, fu arrestata e condannata a morte, nonostante le offerte e le pressioni per farle abiurare la fede. Fu decapitata a Kaiyang nel 1862, a 47 anni.

Martirologio Romano: In località Kaiyang presso Mianyang nella provincia di Sichuan in Cina, santa Lucia Yi Zhenmei, vergine e martire, che per aver confessato la fede cattolica fu condannata alla decapitazione.


Il Cristianesimo fu annunciato in Cina sin dal V secolo e all'inizio del VII secolo vi fu eretta la prima chiesa. Grazie allo spirito profondamente religioso dei cinesi verso l'Essere Supremo, e la devota e filiale pietà verso gli antenati defunti; il Cristianesimo poté fiorire in questo immenso Paese nei secoli successivi, fino a costituire nel XIII secolo, la prima missione cattolica nel “Regno di Mezzo”, con la sede episcopale a Belfin.
A partire dal XVI secolo, quando le comunicazioni fra Oriente ed Occidente incominciarono ad essere più frequenti, la Chiesa Cattolica intese intensificare l'apporto del Vangelo fra quelle popolazioni, dalle tradizioni culturali e religiose tanto profonde e inviò vari missionari scelti con accuratezza, fra cui Matteo Ricci gesuita, per istaurare rapporti oltre che religiosi anche sociali e scientifici.
L'ottimo lavoro di questi pionieri, non solo della religione cattolica, ma anche della cultura occidentale, portò nel 1592 l'imperatore “figlio del cielo” K'ang Hsi, ad emanare il primo decreto di libertà religiosa, in virtù del quale, i sudditi potevano aderire al cristianesimo ed i missionari potevano predicarla dappertutto; raccogliendo molte migliaia di conversioni e di cinesi battezzati.
Ma a partire dalla prima decade del XVII secolo, le cose cambiarono; la penosa questione dei 'riti cinesi' irritò l'imperatore e la forte influenza del vicino Giappone ostile al Cristianesimo, diede adito alle persecuzioni che in vari modi, apertamente o velate, in successive ondate fino alla metà del secolo XIX, apportarono l'uccisione di tanti missionari e di moltissimi fedeli laici cinesi, distruggendo non poche chiese.
San Francesco Fernandez de Capillas dell'Ordine dei Predicatori, martirizzato nel 1648, è considerato come Protomartire della Cina; fu il primo di una lunga teoria di martiri missionari occidentali, appartenenti ai vari Ordini religiosi come i Domenicani, i Francescani, gli Agostiniani, i sacerdoti delle Missioni Estere di Parigi, i Lazzaristi, le Francescane Missionarie di Maria, verso la fine del lungo periodo di persecuzione anche i Gesuiti, sempre rispettati sin dall'inizio, ebbero i loro martiri nel luglio 1900; in seguito anche i salesiani di don Bosco, nel 1930 ebbero due martiri i santi Luigi Versiglia e Callisto Caravario.
A loro si aggiunsero nei quasi tre secoli di persecuzione, uno stuolo di sacerdoti, seminaristi, religiosi e qualche vescovo della giovane Chiesa Cinese, che prometteva frutti spirituali di conversione e stabilità autonoma.
Inoltre una folla di fedeli cinesi, che, benché molti avessero apostato a paura delle persecuzioni, seppero resistere e testimoniare con il loro sangue la fedeltà a Cristo, spesso insieme ai loro familiari.
Fra loro spiccano le tante figure di catechiste e catechisti laici, che forti della loro fede nei principi cristiani che avevano ben assimilato, tanto da ricevere il compito di insegnarli agli altri, seppero testimoniare fino in fondo il loro entusiasmo, la freschezza dei neofiti, la fedeltà ai padri missionari, spesso subendo il martirio insieme ad essi.
Di questo numerosissimo stuolo di martiri, religiosi e laici, il 1° ottobre 2000, ne sono stati proclamati Santi 120, da papa Giovanni Paolo II; appartenenti a vari gruppi, già beatificati in date diverse e confluiti tutti insieme nella solenne canonizzazione.

Si vuole qui ricordare un'umile catechista laica cinese, Yi Zhenmei (Lucia), in rappresentanza delle migliaia e migliaia di martiri locali, più o meno noti, che come lei seppero affrontare i tormenti e la morte, per mano di connazionali, specie i famigerati 'boxers', che per motivi politici ed economici o di intolleranza e invidia dei bonzi, scatenarono le lunghe e sanguinose persecuzioni contro “la religione degli odiati stranieri”.
Yi Zhenmei nacque il 17 gennaio 1815 a Mainyang, Sichuan (Cina), ultima di cinque fratelli; il padre era un cattolico da poco convertito dal buddismo.
A dodici anni, prese il nome di Lucia e si consacrò al Signore, mentre i genitori, secondo le usanze l'avevano promessa sposa. Non sapendo come liberarsi dalla situazione creatasi, Yi Lucia si finse pazza, facendo così cadere gli accordi matrimoniali anche per il futuro.
Riprese i suoi studi per diventare maestra di scuola e nel contempo poté dedicarsi alla crescita della sua vita spirituale.
Dai missionari cattolici, ebbe l'incarico di insegnare il catechismo e trascorreva serena i suoi giorni tra le faccende domestiche, la cura degli ammalati e l'apostolato catechistico.
Ormai giovane adulta, decise di separarsi dalla famiglia e andò a vivere dalle suore missionarie; sopraggiunse poi una grave malattia che la obbligò a ritornare nella sua casa; in quest'occasione persone malevoli gettarono ombre sulla sua moralità, tanto che anche la superiora lo credette; i suoi familiari volevano vendicarsi, ma lei vi si oppose, sopportando tutto pacificamente e con pazienza.
Fu chiamata poi dal vescovo di Kweichow che le affidò il compito d'insegnare il catechismo nei villaggi del Vicariato; superando le difficoltà poste dalla famiglia, che temeva nuovi pericoli per lei, Yi Zhenmei Lucia si mise subito al lavoro, coadiuvando nel contempo l'opera missionaria di padre Giovanni Pietro Néel, delle Missioni Estere di Parigi, anche lui martire e proclamato santo il 1° ottobre 2000.
Durante la persecuzione scatenata dalla setta “Ninfa Bianca”, fu presa dai soldati; durante il solito interrogatorio le furono fatte proposte vantaggiose se avesse rinunziato alla religione cristiana, la richiesta era appoggiata anche dall'ex fidanzato, che aveva conservato per lei affetto e stima.
Lucia Yi rifiutò con fermezza e pertanto fu condannata alla decapitazione, accettò con dignità la condanna ribellandosi solo quando la si voleva spogliare prima della sentenza, riuscendo ad evitare tale umiliazione.
Fu decapitata il 19 febbraio 1862 a Kaiyang, Guizhou (Cina), aveva 47 anni; il 18 e 19 febbraio furono uccisi oltre padre Néel, anche tre catechisti uomini con Lucia Yi. Il suo copricapo, bagnato di sangue, fu portato in casa e guarì all'istante la nipote Paola, gravemente ammalata, alla quale era stato poggiato sul corpo.
Fu dichiarata venerabile con il gruppo dei martiri di Guizhou il 2 agosto 1908, e beatificati il 2 maggio 1909 da papa s. Pio X. La sua festa con il gruppo di Guizhou è il 19 febbraio e con tutti i 120 martiri canonizzati il 1° ottobre 2000, il 9 luglio.


Autore:
Antonio Borrelli

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Aggiunto/modificato il 2006-02-17

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